Per noi europei,
la Seconda Guerra
Mondiale è legata fondamentalmente alle vicende che sconvolsero il nostro continente, dalla Polonia invasa
dai nazisti alla guerra civile spagnola, passando per l’Italia fascista e
la Francia di
Vichy.
Ma, sebbene l’epicentro di quel conflitto fosse certamente il Vecchio Continente,
non bisogna trascurare i drammatici eventi che si verificarono fuori dai nostri confini, soprattutto in Asia, dove
l’impero giapponese fece sentire il suo afflato dittatoriale
sui paesi vicini, Stati Uniti compresi.
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Il ponte sul fiume Kwai |
Tra
le vicende extraeuropee più note in tutto il mondo, oltre all'attacco di Pearl Harbour,
c’è la storia della costruzione del ponte ferroviario sul fiume Kwai,
a nord di Kanchanaburi, in territorio Thailandese che fu immortalata nel
celeberrimo film del 1957 di David Lean.
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La locandina del film |
Un ponte che, in pieno conflitto mondiale (tra il 1942 e il 1943), fu costruito
dai prigionieri di guerra in mano al Giappone e
stanziati in un campo di prigionia in Birmania.
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L'attraversamento del ponte |
La costruzione della struttura
che faceva parte della tristemente famosa “Ferrovia della Morte” tra
Birmania e Cina,
secondo i piani del governo giapponese sarebbe dovuta durare cinque anni, fu
completata in soli 16 mesi, pagando un costo altissimo in termini di vite umane: 100.00 furono i morti tra
coloro che lavorarono in condizioni disumane per completare l’opera nel minor
tempo possibile.
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La lapide alla memoria dei caduti |
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Kanchanaburi War Cemetery |
Se nel film di Lean il protagonista della vicenda fu il
colonnello inglese Nicholson,
che guidò i lavori con lo scopo di dimostrare ai giapponesi la forza dei
soldati alleati, nella realtà a dominare la scena fu la crudeltà disumana
mostrata nei confronti dei lavoratori forzati da parte dell’esercito nipponico.
Turni massacranti anche di 18 ore consecutive, lavori che
continuavano anche di notte alla luce di deboli lampade a olio, approvvigionamenti
di cibo ben al di sotto di una soglia minima di sopravvivenza ed
equipaggiamenti ridicolmente insufficienti causarono numerosissime morti.
Decessi causati da malattie come
dissenteria e colera, ma anche dalle continue percosse inflitte ai prigionieri
da parte dei loro carcerieri aguzzini. Fu così che i prigionieri ribattezzarono
la zona con l’inquietante nome di “Passaggio per l’inferno”, che ben inquadrava il
dramma che erano costretti a vivere ogni giorno. Il ponte fu
terminato il 17 ottobre del 1943. Nel periodo immediatamente successivo, servì
a far passare una media di soli sei treni al giorno, una miseria se
considerata alla luce del sangue versato dai prigionieri. E, nonostante i
continui bombardamenti alleati,
resistette a pieno regime fino alla fine del conflitto, quando fu chiuso dalle
forze vincitrici. In seguito, nel 1957 il governo Thailandese,
decise di riaprire il tratto tra Nong Pladuk e Nam Tok,
in funzione ancora ai giorni nostri prevalentemente a scopo turistico.
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La stazione ferroviaria di Thakilen, lungo la "ferrovia della Morte" |
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Il treno turistico, oggi (foto reperita sul web) |
Negli
altri tratti, la forza della giungla si sta riappropriando dei propri spazi,
stendendo un naturale velo pietoso su una delle tante vicende drammatiche
che segnarono quel periodo nero dell’umanità.
(tutte le foto eccetto una sono di Graziano e Daniela Lenci)
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