Valle dei Re, sito KV62


L’Egitto è oggi un luogo abbastanza pericoloso da visitare. L’estremismo religioso ha portato, in tempi recenti,  alla conduzione di attentati terroristici particolarmente cruenti spesso nei confronti di turisti occidentali. E’ comunque un luogo unico al mondo per la sua incredibile storia ed io sono felice di averlo potuto visitare in tempi un po’ più tranquilli.

Io, molto più giovane, all'ingresso della Tomba di Re Tut

Il sole sorse, immutabile come sempre, ad illuminare con i suoi caldi raggi l’arida e devastata Valle dei Re, non lontano dalla riva destra del maestoso Nilo nei pressi della città di Luxor, l’antica Tebe. Ma quello appena sorto, non era un giorno qualunque;  L’alba di quel 4 novembre 1922  resterà impressa in modo indelebile negli annali delle storia. Come quasi ogni giorno da ormai circa 8 anni, squadre di sterratori egiziani si accingevano ad iniziare un’altra giornata di faticoso lavoro di scavo in quella polverosa e brulla vallata dove quasi ogni pietra era stata ormai rivoltata alla ricerca di reperti archeologici. Il titolare degli scavi era un inglese, un tale Howard Carter che, finanziato da da un suo conterraneo,  Lord George Edward Stanhope, quinto conte di Carnavon, era alla ricerca della conferma del sogno di tutta una vita: la scoperta del mausoleo inviolato di Tutankhamon, il Faraone Bambino che, da oltre tremila anni aspettava di rivedere la luce del sole..

Poco dopo l’inizio dei lavori, mentre Carter stava ancora consumando la prima colazione nella sua baracca costruita sul margine della Valle,  uno sconosciuto sterratore sferrò l’ennesimo colpo di piccone sul terreno ghiaioso ma questo, invece di affondare facilmente come quasi sempre, urtò una superfiche più dura. Incuriosito, cercò di liberare, con le mani, l’oggetto che aveva colpito. Portò alla luce una lastra di pietra che indubbiamente era stata lavorata da mani umane e, a quel punto, sospese il lavoro e chiamò il suo superiore che si precipitò ad avvertire Carter. La lastra di pietra si rivelò poi essere il primo di sedici scalini che conducevano nel sottosuolo. Alla fine della scala, una porta sigillata. Il sogno si era avverato.

La planimetria della tomba con la dislocazione degli oggetti contenuti

Fin dal 1914, Lord Carnavon e Howard Carter avevano ottenuto dal governo egiziano la concessione per attuare scavi nella Valle dei Re, anche se, a detta degli specialisti e della stessa direzione del reparto antichità del Cairo, il luogo "non offriva più alcuna possibilità di nuove scoperte".Tuttavia Carnavon e Carter erano di parere diverso, anche se i motivi su cui fondavano la speranza di trovare una tomba, e proprio quella di Tutankhamon, erano fragilissimi e basati su reperti di precedenti campagne archeologiche: una coppa di ceramica con il nome del faraone, una cassetta di legno rotta che conteneva foglioline d'oro recanti lo stesso nome, vasi in terracotta in cui erano state riposte bende di lino che risultavano risalire alle cerimonie funebri di Tutankhamon.
L'istinto sicuro dell'archeologo, l'incrollabile fiducia nella proprio fortuna e oltre 7 anni di tenace ricerca guidarono Carter all'ingresso della tomba, situato tra i resti di alcune capanne per operai della XX dinastia.

Lord Carnavon si trovava allora in Inghilterra ma, richiamato da un telegramma di Carter, venti giorni dopo giunse a Luxor con la figlia per sovrintendere all'apertura della prima porta, che però risultò essere già stata violata e poi risigillata. 

(da sinistra) Lord Carnavon, Lady Evelyn e Howard Carter sul sito.


Più oltre si apriva un corridoio di dieci metri pieno di detriti, all'estremità del quale gli scavatori incontrarono una seconda porta con i sigilli spezzati: anch'essa, in epoche lontane, era stata varcata da visitatori clandestini. Carter aprì un foro nell'angolo superiore sinistro della porta  e vi introdusse una candela per rischiarare la cavità. Ciò che i suoi occhi videro lo lasciò esterrefatto: aveva davanti agli occhi la realizzazione dei sogni di ogni archeologo. Quando il 27 novembre la porta fu finalmente aperta, anche Lord Carnavon, sua figlia Lady Evelyn e l'egittologo Callender, che era giunto alla prima notizia della scoperta, videro sfavillare alla luce di una forte lampada elettrica cofani preziosi, un trono d'oro, vasi di alabastro, bizzarre teste d'oro di animali a cui facevano da sentinella, l'una di fronte all'altra, due statue con grembiuli e sandali d'oro; ma fra tanti tesori non c'era nè un sarcofago nè una mummia!

Il contenuto di una delle sale

La scoperta di un'altra porta, la terza, che portava segni di effrazione e di una successiva risigillatura fece rinascere le loro speranze, anche se non comprendevano come dei ladri si fossero dati la pena di penetrare oltre la terza porta, prima di essersi impadroniti di quanto avrebbero potuto asportare dal vano precedente. E le sorprese non erano ancora terminate. Una piccola camera laterale era colma fino all'inverosimile di suppellettili e di oggetti preziosi di ogni genere, rimossi e in parte danneggiati dai misteriosi visitatori.

Howard Carter al lavoro sul sarcofago del Faraone

Il materiale finora venuto alla luce era enorme, e immenso si prospettava il lavoro di classificazione, catalogazione, asportazione e conservazione che doveva essere intrapreso. Con la consulenza di specialisti di prim'ordine (fotografi, disegnatori, chimici, storici, ingegneri, botanici), inviati dalle maggiori università e musei americani ed europei, il primo oggetto fu portato in superficie il 27 dicembre e il lavoro di rimozione andò avanti per quasi due mesi: la sola anticamera conteneva circa settecento pezzi e alcune casse richiesero, da sole, intere settimane per essere svuotare da oggetti preziosi, armi e vesti. C'erano poi tre ingombranti bare, il trono con spalliera decorata e quattro carrozze che, non potendo, per le loro dimensioni, essere introdotte intere nella tomba, erano state segate in vari pezzi, che i ladri poi avevano disperso un po' dovunque. Per la metà di febbraio del 1923, l'anticamera era ormai sgombra e si poteva procedere all'apertura della porta che si sperava nascondesse la mummia.

La maschera del Faraone in oro massiccio


Il 17 febbraio, venti persone (membri del governo e scienziati) erano state ammesse all'interno della tomba di Tutankhamon per assistere all'apertura della porta dietro la quale si supponeva si trovasse la mummia, mentre Carter iniziava a rimuovere lo strato di pietre superiori nel silenzio più assoluto. Appena l'apertura fu abbastanza ampia da consentire l'introduzione di una lampada elettrica, apparve ai suoi occhi una visione portentosa. Si trattava di un muro d'oro massiccio che risultò poi essere la parete anteriore del più prezioso e più vasto cofano mortuario mai venuto alla luce. Due ore di difficile lavoro consentirono agli scopritori di penetrare all'interno della camera sepolcrale, ed ecco svelarsi il cofano tutto ricoperto d'oro, sui cui fianchi erano  incastrati lucidi pannelli di maiolica azzurra, coperti di segni magici. Le sue dimensioni erano così vaste da lasciare sgomenti: 5,20x3,35x2,75 metri. Le grandi porte a battenti della parte orientale si aprirono facilmente , ma il secondo cofano splendente che esse racchiudevano, portavano un sigillo: intatto! La mummia non era stata violata, Tutankhamon giaceva nella sua tomba così come vi era stato deposto trentatre secoli prima. L'emozione dei presenti era così profonda, che l'adiacente camera del tesoro (che pure conteneva oggetti artistici di inestimabile valore) passò quasi inosservata. Le indagini successive intorno al ritrovamento durarono parecchi anni. 

Una delle bare in legno dorato


Nel 1926 fu aperto il cofano d'oro e l'anno successivo furono estratte e separate quattro bare contenute una nell'altra e costituite, complessivamente, da circa ottanta pareti; il loro trasporto richiese ottantaquattro giorni di duro lavoro. L'ultima bara racchiudeva l'enorme scrigno ricavato da un unico blocco di quarzo giallo, coperto da una lastra di granito. All'interno c'erano dei lini, sotto i quali apparve il re. Non era ancora la mummia, ma il ritratto in oro del giovane faraone; la testa a tutto tondo aveva il volto in oro puro dipinto, gli occhi in aragonite e ossidiana, le palpebre e le sopracciglia in lapislazzuli; anche le mani erano a tutto tondo, il corpo, invece, lavorato a bassorilievo. Quando l'11 novembre 1927, la mummia di Tutankhamon fu resa agli studiosi, apparve subito evidente che gli oli e le resine avevano indurito e incollato tutto. Ad accezione del volto, dei piedi e delle mani che erano chiusi in involucri d'oro, l'ossidazione dei composti resinosi aveva quasi completamente carbonizzato i tessuti e le ossa.

La prima pagina del NYT con la notizia della scoperta


Dopo analisi recentemente effettuate, prende oggi sempre più consistenza l’ipotesi che le pareti della tomba di Tutankhamon nascondano una o persino due camere mai esplorate in tempi moderni, e il mistero di cosa possano racchiudere diventa sempre più intrigante. Chi o cosa si trova in queste camere nascoste?
 La maggior parte degli archeologi, a partire da Nicholas Reeves, dell’università dell’Arizona, che fu tra i primi a sostenere che la tomba di Tutankhamon nasconde ancora dei segreti,  ipotizza che in una delle due stanze possa esserci la Regina Nefertiti, la matrigna di Tutankhamon.

L’ipotesi tuttavia ha degli oppositori, che vedono nella mummia trovata nel sito codificato come KV35 la vera Nefertiti: nella possibile tomba di fianco a quella di Tutankhamon potrebbe invece esserci Kiya, la vera madre del Faraone. Ma qualunque ci sia in quei vani, ammesso che esistano, sarà comunque una scoperta di immenso valore archeologico.


Quello che non dimenticherò mai sono le parole cha la guida ci disse poco dopo essere entrati a visitare la tomba; Ci trovavamo in una cavità angusta dove il nostro gruppo di circa 15 persone entrava quasi a fatica e la guida parlò: Fra pochi giorni, avrete il privilegio di visitare il grande museo egizio del Cairo. Memorizzate bene le dimensioni di queste stanze che hanno ospitato il corredo funerario del Faraone. Non crederete ai vostri occhi quando vedrete, al museo, l’enorme quantità di favolosi oggetti che sono usciti da questa modesta tomba.

Ovviamente, aveva ragione.




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